Quarant’anni dopo
Chissà se il 5 luglio 1980, mentre facevano il loro ingresso in campo, Björn Borg e John McEnroe l’hanno letto anche solo di sfuggita, o la concentrazione pre-partita non ha lasciato spazio ad alcun tipo di distrazione. Sono passati quarant’anni dalla finale, ma la sua forza epica è ancora vivida nel ricordo degli amanti del tennis. Borg, svedese, è il re: reduce da quattro vittorie consecutive proprio a Wimbledon, ha inventato lo stile del contrattacco dal fondo, e la sua stoica concentrazione lascia tutti esterrefatti. McEnroe, americano, è la giovane promessa: il mancino dal servizio di fuoco il cui temperamento ribelle fa parlare tutti i tabloid.
Se Wimbledon 1980 rimane indelebile è perché, per quasi quattro ore, nessuno può immaginare le sorti del loro duello. Il primo set è costellato di errori di Borg, sopraffatto da un McEnroe in forma smagliante che però non ricorda che lo svedese ha bisogno di tempo per carburare: il biondo si aggiudica infatti il secondo e il terzo set, rivelando la grinta che lo contraddistingue. Il set n. 4 è forse il più avvincente. Di apparente dominio svedese, vede McEnroe risvegliarsi di colpo, un leone che ruggisce e mette a segno una serie di colpi furiosi. La tensione è alle stelle, il giovane americano sente di avere la vittoria in pugno. L’ultimo set, il quinto, è una partita nella partita, dura ben 22 minuti. E si conclude 8-6 per Borg, che sembrava spacciato dopo un tie-break mortale. Ma non è così: ricorrendo al suo pezzo forte, il passante di rovescio, annienta alcune volée troppo timide di McEnroe. E vince.
Non riusciamo a udire le urla di gioia di Björn, la folla esultante è fuori controllo. Ma sappiamo di aver assistito ad un grande momento di sport. Una lezione. Cui non è insensibile nemmeno l’avversario americano, che nel 2010 dichiarerà al Telegraph: “non posso dire di aver avuto un poster di Borg in camera, ma di sicuro mi ha dato la spinta necessaria per entrare nel mondo del tennis sempre di più”.
Come Björn Borg, veste FILA anche la trionfatrice del torneo singolare al femminile, l’australiana Evonne Goolagong. Già regina a Wimbledon 1971, Evonne torna sui campi londinesi dopo la maternità, facendo storcere il naso ai bookmakers. Ma anche nel suo destino c’è scritta la parola ‘vittoria’, e in particolare sull’americana Chris Evert: incerta solo nel secondo set, Goolagong domina l’intera finale e vince, prima mamma nella storia dopo Margaret Court.
A Wimbledon 1980, FILA è sulla vetta del mondo. Ma a trionfare veramente, quel giorno, è lo sport, quello vero, che ha molto da dirci anche a distanza di quarant’anni.