BORDOCAMPO: ALDA TEODORANI
Fondazione FILA Museum festeggia il 111esimo anniversario del brand con TUTTI INSIEME, il contest creativo dall’anima green che si ispira al futuro sostenibile preconizzato dal Chairman Gene Yoon. Sarà possibile presentare la propria candidatura fino a venerdì 8 aprile: da quel momento la parola passa alla giuria, che nominerà un podio e tre premi speciali. Tra i giurati abbiamo il piacere di ospitare Alda Teodorani, scrittrice, traduttrice, poetessa e docente alla Scuola Internazionale di Comics di Roma.
Nota al grande pubblico per aver animato la ‘Gioventù Cannibale’ degli anni Novanta, Alda è autrice di noir quali Le Radici del male (Granata Press, 1993), Organi (Stampa Alternativa, 2002), Incubi Halley (2005), I sacramenti del male (Mondadori, 2008) e Belve (Cut-Up, 2011). La trasversalità del suo sguardo è difficilmente classificabile, e proprio per questo siamo certi che rappresenterà un valore aggiunto in sede di giuria.
Buongiorno Alda, è un piacere incontrarla ed averla in veste di giurata per TUTTI INSIEME, il contest creativo indetto dalla Fondazione per festeggiare i 111 anni di FILA. Come si approccerà al ruolo?
ALDA TEODORANI: Grazie, il piacere è tutto mio. Ho fatto parte di varie giurie e il mio approccio è sempre stato di grande piacere nello svolgere un compito non facile, dal momento che il desiderio è far vincere tutti! A parte questo è sempre stimolante leggere e vedere nuovi lavori e nuovi approcci alle arti che adoro, è una crescita essenziale per una scrittrice come me che ama la sperimentazione.
La domanda è d’obbligo: le piace FILA? Ha ricordi particolari legati al marchio e agli atleti della sua tradizione?
AT: Ho sempre amato molto questo marchio, mi riporta ai miei primi tentativi, poi miseramente falliti, di giocare a tennis. Da ragazzina ero sportiva quanto un sacco di patate, i miei mi iscrissero a un corso di tennis. Nella mia città c’era un club tennistico molto forte, con tanti appassionati. Provenivo da una famiglia che non aveva molte possibilità: all’epoca stavo leggendo Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald e vedere al circolo del tennis quei ragazzi belli, biondi e tutti vestiti di bianco, con magliette e pantaloncini FILA – ricchi quanto Gatsby nella mia immaginazione – mi faceva sognare di essere dentro quel libro. È un marchio cosi indovinato nella sua riconoscibilità ed eleganza al tempo stesso.
Nei suoi romanzi il corpo è protagonista: un’entità anatomica e astratta al tempo stesso, mai priva di contraddizioni o simbologie. Che significato ha l’abito in questo contesto?
AT: Il corpo è un vero e proprio abito nei miei libri: ora è un concetto di moda nella letteratura – il corpo che rappresenta, che trasforma, che viene trasformato, ma io l’ho anticipato di molti anni. C’è una frase molto bella in un libro di Cesare Pavese che sto rileggendo, La bella estate, dove una donna, guardando l’amica posare per un pittore, l’amica che possiede un solo vestito, riflette sulla loro somiglianza e sul fatto che, da nude, sono uguali. L’abito trasforma, grazie ad esso le persone si identificano in qualcosa di esclusivo e al tempo stesso proclamano il loro luogo nella società, l’abito comunica quanto il corpo, senza parole.
Il contest nasce all’indomani dei cambiamenti ambientali, culturali e sociali che stanno interessando il mondo, ispirando nuovi percorsi sia per il brand che per la Fondazione. Qual è l’approccio dell’editoria al dibattito?
AT: Non so molto su questo, vivo assai isolata da diversi anni, ma da quel che vedo c’è un interesse profondo a questo riguardo: i cambiamenti climatici e il solar punk sono, ad esempio, argomenti fondamentali per la casa editrice Future Fiction di Francesco Verso della quale leggo tutti i volumi in anteprima e mi pare si stia sviluppando – spinta, forse, delle opere cinesi che traduce – un diverso approccio alla cultura: guardare al futuro mantenendo le tradizioni e trasformandole al tempo stesso (mi sembra sia qualcosa che state facendo anche voi, giusto?). Vedo un ritorno al libro di carta rispetto all’e-book, credo che la gente si stia guardando dentro, spero che veda belle cose e che si riflettano anche in un nuovo approccio alla convivenza, più rispettoso e consapevole della diversità.
TUTTI INSIEME è un’iniziativa ispirata da tre parole: tribù, sostenibilità e l’inglese centricity. Se dovesse sceglierne una per sviluppare un nuovo romanzo, quale sarebbe e che storia sarebbe?
AT: Ne resta solo una: tribù me la sono già giocata con i vampiri di Belve, uno dei miei libri che preferisco. Di recente ho tentato con sostenibilità ma sono inguaribilmente pessimista, quando scrivo, sulle capacità umane. Centricity, in un’accezione più ampia, mi sembra proprio adatta al memoir che sto scrivendo e che parla tanto di scrittura e di editoria: mi sembra addirittura il concetto che definisce i corsi di scrittura individuali e collettivi che tengo alla Comics.
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