DOVE PORTA L’OMBRELLO?

7 Dicembre 2022

Mi chiamo Marina – anzi, i miei genitori mi hanno dato questo nome perché sono nata vicino all’acqua.
Tre mesi fa la nostra avventura è cominciata con queste stesse parole, ma in effetti non vi avevo mai rivelato cosa avesse condotto la mia famiglia a questa scelta.
Ebbene, oggi ve lo dirò: la notte in cui sono nata pioveva tantissimo. Diluviava. I fiumi si erano ingrossati, un’allerta meteo fu diramata. Nell’ospedale si era diffusa preoccupazione, ma l’infermiera che mi aveva aiutato a venire al mondo rassicurava mia madre facendole notare quanto profondamente dormissi. Era così: mentre tutti temevano il peggio io ronfavo della grossa, non mi accorsi di niente. Riaprii gli occhi il mattino dopo, quando il sole era spuntato e l’emergenza rientrata. Pigra da sempre, ora possiamo dirlo.

Mi chiamo Marina e da tre mesi vi tengo compagnia con un’avventura surreale che sembra non avere fine. Dopo un novembre in cui ho temuto di congelare ad alta quota, stavolta vi scrivo dall’oceano. Proprio così: il mio ombrello FILA si è trasformato in una scialuppa di salvataggio, sulla quale rimango a galla nella speranza che tutto questo finisca. Uffa, non sarebbe stato più semplice rimanere alla lezione di ginnastica?
‘Era esattamente quello che avevo intenzione di domandarti, Marina cara!’ mi chiede il maledetto orso bianco, che anche stavolta riappare senza preavviso. È comodamente sdraiato su un materassino gonfiabile rosa. Credo di detestarlo.
‘Ancora tu! La mia pazienza è finita, fammi tornare nel mondo reale!’
‘Ma cara, nel mondo reale già c’eri! Sei tu che hai voluto scappare in fretta e furia!’ ghigna beffardo.
‘Sì, è vero’ replico chiudendomi tra le spalle. ‘Non mi piace fare sport, mi annoia. Preferisco di gran lunga leggere un libro, ascoltare musica, studiare perfino, ma con la ginnastica non ce la faccio davvero’. Una lacrima mi solca il viso, e dalle guance scivola in direzione oceano.
‘Quante cose vorremmo non dover fare nella vita, Marina mia! Pensi che per noi orsi bianchi sia tutto semplice? Andare in letargo invece di scorrazzare nella natura godendocela: un peccato, no? Ma è nella nostra natura! E tu non sei solo un cervello pensante, hai un corpo, un corpo che funziona bene, usalo! Cammina, corri, espanditi: non fuggire dal mondo reale, investi quell’energia per trasformarlo in una foresta che vorresti abitare!’
‘Immagino che questa si chiami saggezza’
‘Mi hanno disegnato così’
‘Orso, io vorrei tornare a casa. Ho imparato la lezione’
‘Le morali son fatte per le fiabe del passato, Marina. Va’, salutami il mondo e ricordati di questa storia!’. Un colpo di zampa sul pelo dell’acqua e l’orso mi sbalza al di fuori dell’ombrello, che si rovescia facendomi cascare in mare. È finita così?

‘Ma no, ma no che non è finita, Marina, dobbiamo ancora cominciare!’
Ma cos…? Questa non è la voce dell’orso bianco…è il prof di ginnastica!
Sono stesa a terra, in cortile, la pioggia battente sul volto. I miei compagni mi circondano in piedi, tentano di rianimarmi.
‘Prof, cos’è successo? L’oceano, la neve, le palline da tennis…io non capisco più niente!’
‘Marina, non delirare! Hai avuto un calo di zuccheri non appena abbiamo iniziato la nostra corsetta…certo, se la mattina, oltre a dormire, facessi anche colazione…’
Un calo di zuccheri. Era un sogno. È stato tutto reale. Non capisco più niente. Penso troppo. Mi alzo di scatto.
‘Non si preoccupi, professore, mi sento molto meglio! Allora, cosa facciamo ancora tutti qua? Su, avanti, corriamo!’
‘Marina, sei sicura di sentirti bene? Forse dovremmo portarti in infermeria…’
‘Mai stata meglio! Tengo io il passo: partiamo!’
Con i muscoli flessi e uno scatto mai conosciuto prima, do avvio alla mia lezione di educazione fisica. I compagni sono attoniti ma mi seguono, forse anche piacevolmente stupiti. La pioggia scende con flusso leggero e regolare, ma sintonizzando respiro e battito cardiaco essa diviene un velo leggero, impalpabile sulla pelle.
Il vento spinge l’ombrello via, lontano. Non sono certa di ritrovarlo al mio ritorno.
Nel mentre, corro.

Alice, bada alla semplice storia!
Riponila piano
dove l’infanzia dei sogni s’infiltra
nel mistico arcano della memoria:
è il fiore appassito
di un paese lontano.
Lewis Carroll, 1865

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