ETICHETTE: IL CASHMERE
Definire un tessuto ‘leggendario’ è eccessivo? No, se si tratta del cashmere!
Le origini di questa fibra sfumano nell’evocazione di imperatori dall’Oriente che, affascinati dal pregio delle sue proprietà, fanno di tutto per entrarne in possesso.
Si racconta che nel XV secolo Zain-ul-Abidin, sultano discendente di Gengis Khan, inviti a corte un tessitore originario del Turkestan affinché produca per lui scialli preziosi: questi ultimi prendono il nome di “pashmine”, dal persiano “Pashm” (lana) che nel continente indiano era proprio il termine usato per indicare il cashmere.
Le sue fibre si ricavano dal vello di una particolare specie di capra, la ‘Kashmir Goat’, allevata in paesi come l’Iran, la Russia, l’Afghanistan, la Turchia e l’India. Il cashmere più pregiato della Terra proviene però dagli altipiani della Mongolia: a Nord del deserto del Gobi viene prodotta la fibra cosiddetta “brown”, mentre il Sud vede nascere quella “white”, la più preziosa. Per proteggersi dal clima rigido le capre possiedono due manti – uno superficiale, formato da peli grossolani, e uno più vicino al corpo, composto da una lanugine corta, sottile e calda, detta “duvet”.
Nel confronto con la lana il cashmere è ancora più brillante, lucido e morbido: perfetto per interpretare le visioni della stylist inglese Katie Grand, autrice, della 110th Anniversary Collection. Avvalendosi dei migliori filati di produzione biellese, quest’ultima rilegge otto mood sportivi dalla storia del marchio, restituendo una lettura inedita dello streetwear contemporaneo.
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