SOTTO L’OMBRELLONE: L’ATLANTE DEI SOGNI OLIMPICI
Dopo una gestazione travagliata, i XXXII Giochi Olimpici di Tokyo, si sono conclusi, ricordando al mondo intero che la forza dello sport è proprio quella di far sognare le persone.
Le Olimpiadi sono un microcosmo complesso: al luccichio delle medaglie si alternano le ombre delle sconfitte, ai traguardi irripetibili si affiancano le cadute brucianti. È il campo in cui si muove la narrazione di Antonio Padilla, con L’atlante dei sogni olimpici. 34 storie incredibili di campioni e campionesse che non hanno mollato mai. Giornalista e storico, Padilla si rivolge ad un pubblico curioso, giovane attraverso 34 brevi biografie di atleti entrati nella memoria collettiva, ognuno con l’unicità del proprio percorso. Il racconto è reso ancor più vivido dalla mano di Sr. Garcìa, che nelle sue illustrazioni mescola disegno a mano libera, pittura e collage.
L’Atlante di Padilla si dirama lungo i confini di cinque continenti, che corrispondono ad altrettanti cerchi olimpici. Si comincia con Farid Simaika, il tuffatore di Alessandria d’Egitto che all’inizio del secolo scorso incarna il sogno di una nazione vogliosa di emanciparsi dal passato. Dopo aver brillato ai Giochi di Amsterdam 1928, Simaika viene sedotto dal sogno americano, e progressivamente abbandona le vasche per recitare in film hollywoodiani (incluso un western di Ford). Il caso europeo più clamoroso è invece quello, italiano, incarnato da Dorando Pietri, mezzofondista e maratoneta nato a Correggio nel 1885. Ai Giochi di Londra 1908 taglia il traguardo per primo, sorretto dai giudici di gara che lo soccorrono dopo averlo visto barcollare più volte, stremato dalla fatica. A causa di quell’aiuto viene squalificato e privato della medaglia d’oro, ma la sua impresa lo consegna alla storia dell’atletica leggera. L’ultimo ritratto, ci riporta in Africa, a Casablanca, alla (ri)scoperta di Nawal El Moutawakel, la prima atleta africana a vincere una medaglia ai Giochi, ma anche la prima in assoluto vinta da una donna musulmana. Ostacolista e velocista, El Moutawakel è stata allenata dal padre in un’era che non ammetteva l’ingresso in palestra al gentil sesso. Il suo impegno è proseguito anche dopo il ritiro: nel 2006 è stata portabandiera alla cerimonia d’apertura dei giochi invernali di Torino, nel 2012 ha presieduto la commissione di valutazione per la selezione della città ospitante dei Giochi estivi, infine dal 2002 è membro fondatore presidente dell’Associazione Marocchina per lo Sport e lo Sviluppo. È la vera lezione olimpica: si è campioni anche quando ci si toglie la medaglia dal collo.
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