TRA LE PAGINE SPUNTÒ UN ORSO
Le orecchie dell’orso
Fare le orecchie a un libro per tenere il segno è un affronto.
Un peccato, direi.
Diffidate sempre di coloro che solcano le pagine con le unghie per ricavarne triangolini in alto.
Io di volumi ne ho e il pensiero che qualcuno li possa toccare, sdrucire, spiegazzare mi angoscia. Questi testi mi hanno accompagnato negli anni dell’università, del dottorato, e ancora oggi mi assistono ogni volta che preparo le lezioni per i miei studenti. Alcune edizioni son rare, il frutto di acquisti oculati su internet o su una bancarella dell’usato. Li ho personalmente inventariati per poterli trovare facilmente: alcuni di essi, causa la fragilità delle pagine, vanno sfogliati con guanti che lascio a portata di mano sulla scrivania di un salotto che non ha nulla da invidiare alla biblioteca de La Bella e la Bestia. Chi può toccarli? Solo io, chiaro.
Oggi, tuttavia, ho deciso di uscire dal salone-biblioteca e di passeggiare nel parco. Ho con me un libro e son pronto a brandirlo sulla prima panchina che mi consentirà di leggere. Qualche settimana fa ha nevicato e il paesaggio è ancora una coperta bianca, che attutisce ogni suono. Sfogliare le pagine equivale a brandire un’arma, a fendere l’aria con colpi potenti. Le pagine non si spiegazzano. Per tenere il segno utilizzo un listello affusolato in mogano, che da un lato termina con il muso buffo di un orso bianco, la mascotte di un museo visitato tempo fa. Il sorriso che spunta tra le pagine è l’unica nota lieve di uno spartito muto, quello del salotto colmo di tomi.
Nel parco i bambini si spingono sull’altalena, i miei coetanei portano i cani a passeggio, le persone anziane leggono a loro volta, commentando ciò che i giornali raccontano dal mondo. E poi ci siamo io, il mio romanzo e un segnalibro che educatamente mette ordine in una vita che forse merita di essere scompaginata. Non so se in questo parco si pratichi bookcrossing, ma lo faccio. Lo faccio comunque. Con delicatezza appoggio il tomo su una panchina bagnata dalla neve, io che fino a qualche ora fa rabbrividivo al pensiero degli effetti dell’umidità sulla cellulosa. Mi guardo intorno in cerca di un bar dove non mi rifugerò a leggere, bensì a cercare qualcuno con cui parlare dei testi che tanto amo. Il segnalibro-orsetto? Lo porto con me. Chi raccoglierà il volume, fidatevi, saprà fino a che punto ero arrivato: ho fatto un’orecchia alla pagina apposta.
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